venerdì 1 maggio 2020

Buon viaggio Sig. Celant!



 29 aprile 2020

Leggendo e facendo le mie scorribande a destra e a manca, da qualche tempo a questa parte, mi sono accorta, stupefacendomi di me stessa, che quando viene organizzata una mostra immancabilmente mi cade l'occhio sì sul nome dell'artista, ma anche sul nome della fondazione o museo o galleria che la ospita, sul curatore che l'ha organizzata e sui i critici d'arte eventualmente che vi hanno preso parte.

Ora, io da perfetta neofita, non avevo mai pensato a che cosa ci fosse dietro la realizzazione di una mostra, anche se piccola.
Pensavo che un artista presentasse le sue opere al luogo che più gli si confà.
Punto.

Ok si immaginavo che qualche aiutino di qua e di là ci dovesse essere, ma ero convinta che il grosso del lavoro lo facesse l'artista.

Ora conoscendo bene un gallerista, Mr. Gallery per  l' appunto, che in diverse occasioni ha ricoperto il ruolo anche di curatore, ho avuto la possibilità di comprendere a pieno la mole di lavoro che si trova dietro l'organizzazione di una mostra. Dall'ufficio stampa ai rapporti con le istituzioni, dal lavoro grafico alla realizzazione del catalogo e poi inviti, telefonate, mail...
Ed io che pensavo al gallerista come ad un topo di biblioteca che se ne stava lì seduto sulla sua poltrona a leggere il giornale in attesa del cliente giusto.
Al limite, con lo swiffer in mano giusto giusto per una veloce spolverata qua e là.
Si Mr. Gallery ero convinta in poche parole, che te ne stavi là in panciolle nella tua beata oziosità!

Il primo e unico nome importante incontrato più e più volte per ora nei libri e in alcune mostre che ho visitato è stato quello di Germano Celant.
Sento il suo nome per la prima volta, ad una mostra a Venezia, quella di Emilo Isgrò di cui vi ho già parlato (clicca qui) qualche settimana fa.
Apprendo proprio in questa occasione l'importanza fondamentale di questo ruolo. Ha curato tutto: dall'aspetto architettonico della mostra stessa all'allestimento delle opere.
Ma quello che più mi colpisce in questa esposizione è il catalogo... Mastodontico.
In questo specifico caso, ricordo la signorina della reception di fondazione Cini, che ospita la personale di Isgrò, che, vedendomi sfogliare questo librone per mia semplice curiosità, mi invita ad acquistarlo.
Io, forse per il costo o più probabilmente spaventata dall'enorme peso, sia fisico che culturale (allora non ero ancora pronta), del tomo in questione, rifiuto l'offerta. Forse anche messa in difficoltà dalla quantità di immagini e altrettante pagine di letteratura, lì contenute. Vado comunque avanti, non sapendo di perdere un'occasione unica.
Solo mesi dopo ho scoperto l'importanza di questi "tomi" artistici.
Essi raccolgono infatti tutte le foto delle opere presenti in mostra con tutta una relazione storico culturale che ne racconta vita morte e miracoli!

Il nome di questo Signor Celant mi rincorre in molti scritti, che siano libri, articoli di giornale, notizie sui social e via dicendo.
Soprattutto lo ritrovo spesso quando approfondisco le mie conoscenze sugli artisti dell'Arte Povera che entusiasmano molto il mio percorso di studio artistico.

Ora tanto per chiarirvi un po' le idee, a questo movimento, nato in Italia verso la metà  degli anni 60, si rifanno artisti come Kounellis (di cui ho visto a FondazionePrada a Venezia una mostra curata proprio da Mr. Celant, fantastica! vedi qui), Merz, Pistoletto, Penone (di tutti questi signori vi ho già parlato in queste pagine) che lavorano con materiali di uso comune come terra roccia, abbigliamento, carta, corda, legno, fuoco ecc.

E' proprio Celant, nel '68, curatore già noto della scena artistica internazionale, a dare il nome al gruppo, formato da 13 artisti italiani, il cui successo avrebbe avuto, da lì a poco, anche un eco internazionale.

Ma torniamo ad ora. Scorrendo le notizie sui social vengo a scoprire che proprio oggi, causa Coronavirus, è venuto a mancare proprio lui, Germano Celant.
Vi dirò la verità, la notizia mi lascia senza parole.
Caspita, così, sul più bello, ora che comincio a conoscere qualche personaggio influente e che soprattutto ha dato il la ad un movimento a me caro... Ne sono proprio dispiaciuta! Insomma permetterete bene, che mi rompa un pochino! E non solo un pochino! Ok mettiamoci il fatto che comunque fino a 6 mesi fa non sapevo nemmeno della sua esistenza... ma è proprio per questo ora sapendo che c'era, mi intrigava come figura sapiente e di riferimento.

Comunque dovete sapere che questo signore ha curato mostre memorabili al Guggenheim di New York, museo con cui tra l'altro ha collaborato per anni come curatore.
Addirittura nel 1997 è stato direttore artistico della 47ª Biennale di Venezia e dal 2015 sovraintendente artistico e scientifico della Fondazione Prada.
Leggendo qua e la mi accorgo di quanta passione deve aver messo nel suo lavoro. Sentite qua cosa diceva: "Non mi sento un uomo di potere. Mi interessa sempre che ci sia la potenza dell'arte. Gli artisti lo sanno e per questo mi danno molta fiducia."

Sembra che oggi i social abbiano deciso di rendergli onore. Si parla solo di lui, ovunque e la cosa che mi fa girare la testa è che chi parla, sono istituzioni, testate giornalistiche, artisti, musei, gallerie, fondazioni e associazioni di tutto il Mondo.
Quindi in realtà non se ne va solo un capitolo imprescindibile della storia dell'arte italiana , come dicono in molti, ma del mondo!
Eh si, forse lo stile di questo pezzo risulterà meno scanzonato rispetto ai soliti che siete abituati a leggere. Mi dispiace.
E' che questa pandemia, mi sta letteralmente facendo incavolare! Oltre a portarsi via le persone care ha deciso ben bene di portarci via pezzi della nostra cultura. Della nostra storia e della nostra arte!

Io non sono nessuno per poter dire o fare qualcosa per tributare e ricordare il Prof. Celant se non una semplice, piccola, inguaribile appasionata d'arte.
R.I.P. Germano Celant!

1 commento:

  1. Cara Valeria, quando negli anni settanta dipingevo, era difficile conoscere le nuove tendenze o correnti artistiche, oltre ai giornali se volevi scoprire qualcosa c’erano le gallerie, che allora erano frequentate, ma per l’arte moderna, per farti capire com’era il mondo cinquant’anni fa, ad eccezione della galleria Ferrari di Verona che era una mosca bianca, per vedere qualcosa dovevi andare soprattutto a Milano. Allora ero innamorato della pittura e vedevo nella tela dei limiti espressivi, concettuali e di spazio, quindi cominciai a usare gli spaghi, il legno, i chiodi, oltre ai colori. E fu in quegli anni che scoprii casualmente l’arte povera di Celant e Pistoletto, che apprezzavo più che altro come movimento in polemica contro l’arte corrente e tradizionale e la società consumistica e distruttiva con la loro narrazione artistica degli scarti di questa società. Io invece usavo chiodi legno e spaghi per inventare un nuovo linguaggio dei materiali poveri e naturali che avevano da sempre accompagnato la vita dell’uomo. Ma a parte questo mio ricordo, ne approfitto per aggiungere che ho sempre fatto fatica ad apprezzare l’arte moderna in genere, non tanto per i loro messaggi o linguaggi spesso condivisibili, anche se a volte astratti concettuali e irreali, nonostante la loro visibile realtà come gli impacchettamenti di Christo, ma perché raramente trovo una ricerca, la scoperta o riscoperta della bellezza, dell’armonia e della poesia nelle loro opere, perché a mio avviso l’artista dovrebbe insegnare a far scoprire agli uomini quello che stanno distruggendo e che dovrebbero proteggere, amare, salvaguardare.
    Un abbraccio da zio Andrea

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